Timeline modelli Vespa

1945
MP5 PAPERINO

In seguito all’Armistizio dell’8 settembre 1943 l’esercito tedesco occupò gli stabilimenti Piaggio di Pontedera, sospendendo tutte le commesse destinate alla Regia Aeronautica italiana.

Dopo un primo dislocamento di uomini e macchinari in piccoli capannoni nel territorio circostante, divenne sempre più evidente la necessità di un trasferimento più massiccio, reso ancor più pressante dai primi bombardamenti alleati.

A partire dai primi mesi del 1944 lavoratori e macchine cominciarono dunque ad affluire in Piemonte, e in particolare nella zona del biellese.

Nella primavera del 1944, consapevole delle sfide che avrebbero atteso l’azienda con la fine del conflitto, Enrico Piaggio valutò la possibilità di costruire un veicolo per la motorizzazione individuale, pratico e a basso costo.

Il compito fu affidato a uno dei tecnici di punta della produzione aeronautica, l’ingegner Renzo Spolti, progettista di alcuni dei più celebri motori stellari degli anni ’30 e ’40.

Spolti, coadiuvato dall’ingegner Vittorio Casini e da una ricca squadra di tecnici, cominciò a lavorare al progetto dopo aver esaminato lo scooter progettato qualche anno prima dal torinese Vittorio Belmondo e prodotto dalle officine meccaniche Volugrafo.

In particolare, Spolti poteva disporre, a Biella, della versione “Simat” di proprietà del conte Carlo Felice Trossi, che ospitava nella foresteria del castello di Gaglianico la famiglia Casini.

Spolti progettò uno scooter a scocca portante, che si distingueva da quello di Belmondo per l’ampio scudo protettivo e per il faro applicato al parafango anteriore, caratteristiche che Corradino d’Ascanio avrebbe in seguito ripreso su Vespa.

La fase di progettazione prese l’avvio nell’estate 1944 (il primo disegno tecnico risale al 31 agosto), ma il primo esemplare fu terminato solo nella primavera dell’anno successivo.

Pur con qualche riserva, Piaggio diede disposizione perché fosse completato un lotto di cento esemplari, che tuttavia non fu mai completato: nei primi mesi del 1946 ne erano stati realizzati solo sette, mentre il completamento dei particolari di un ulteriore numero di veicoli (si presume una settantina) fu affidato a tre ditte esterne.

Identificato dai tecnici come MP (Moto Piaggio), nelle varianti progettuali MP1/MP5, il progetto di Spolti non fece in tempo a beneficiare di un nome proprio: il veicolo fu infatti apostrofato “Paperino” da due collaudatori, inconsapevoli coniatori del suo nome “ufficioso”.

Lo sviluppo del progetto comprese cinque diversi studi, che si distinguevano soprattutto per differenze al motore: alcuni esemplari furono costruiti con cambio automatico, altri con cambio manuale a due velocità.

Il cambio automatico fu sperimentato sia con un automatismo a rulli sia con un sistema a cinghia guarnita con tacchetti in cuoio: la prima soluzione si dimostrò troppo pesante per la minuscola potenza sviluppata dal motore, mentre la seconda – che si ispirava al cambio utilizzato dall’americana Salsbury sullo scooter Motor Glyde – fu accantonata a causa della rapida usura dei componenti.

L’esemplare esposto al Museo (numero di telaio MP5-0510) monta un motore con cambio graduale automatico, mentre l’unico altro esemplare conosciuto (telaio MP5-0554) sfrutta un cambio manuale a due velocità.

Nonostante l’installazione centrale del motore donasse al veicolo una certa stabilità di marcia, il tunnel presente tra la sella e il manubrio – destinato a ospitare il propulsore – toglieva inevitabilmente una certa praticità nel prendere posto al ponte di guida.

La messa in moto a spinta allontanava ulteriormente i meno sportivi, specialmente le donne, che avrebbero trovato invece nella Vespa un approccio ergonomico di maggior conforto.

1946
VESPA SPERIMENTALE MP6

Nella primavera del 1945 Enrico Piaggio, pur avendo dato disposizione per la costruzione di cento MP5 “Paperino”, non ancora del tutto convinto del progetto di Spolti, sollecitò l’intervento di Corradino d’Ascanio.

Il geniale tecnico, che marginalmente aveva contribuito alla progettazione del “Paperino” (nello studio di un cambio automatico in principio previsto) era tuttavia poco incline a ricoprire un ruolo subordinato e richiese la possibilità di mettere mano a un progetto del tutto nuovo.

D’Ascanio, che non si era trasferito a Biella in seguito agli eventi bellici, iniziò ad abbozzare i primi schizzi del progetto in un piccolo insediamento a Fornacette, vicino a Pontedera, dove nel 1945 si era provvisoriamente spostato l’Ufficio Tecnico Progetti.

Nel nuovo studio, siglato MP6, decise per prima cosa di sopprimere il tunnel centrale, introducendo il cambio in linea, soluzione che permise di eliminare la catena, rendendo il motore un complesso unico con la ruota posteriore.

Al posto della forcella tradizionalmente impiegata nelle motociclette, ne adottò una monotubo a sbalzo in grado di consentire, in caso di foratura, la veloce rimozione del pneumatico: una soluzione di chiara derivazione aeronautica, ampiamente utilizzata nei carrelli di atterraggio dei velivoli.

Per agevolare la guida introdusse il cambio al manubrio, un congegno che avrebbe consentito al guidatore di staccare la frizione e cambiare marcia con una sola mano, intuizione che Piaggio avrebbe provveduto a depositare come brevetto il 23 luglio 1946.

Preparati i primi bozzetti, d’Ascanio si recò alla caserma “Poma” di Biella, dove risiedeva l’Ufficio Tecnico Progetti decentrato, per interfacciarsi con i disegnatori e i tecnici che avrebbero sviluppato il progetto nel dettaglio. Nell’officina di Vigliano Biellese, nel mese di settembre, il prototipo fu sottoposto alle prime prove su strada nella salita che da Biella conduce a Oropa. A differenza del “Paperino”, che per il raffreddamento del motore contava su un sistema a circolazione forzata mediante ventola fissata al volano, nel primo esemplare sperimentale di MP6 si fece affidamento sul solo raffreddamento dinamico.

I tecnici pensavano infatti che grazie alla posizione laterale del motore fosse sufficiente aprire delle feritoie sul cofano. Il raffreddamento si dimostrò in realtà quasi inesistente a causa dell’ampio scudo, che impediva all’aria di lambire il motore del veicolo in corsa.

Dopo diverse modifiche, fu deciso di introdurre sul volano un disco con alette in grado di produrre una corrente d’aria, a notevole beneficio del funzionamento del propulsore.

Nel gennaio 1946, con il rientro delle maestranze dal Piemonte, furono costruiti presso lo stabilimento di Pontedera altri cinque esemplari sperimentali leggermente differenti tra loro e sempre più vicini alla versione immessa in seguito in commercio.

1946
98 (MP6)

Nel febbraio 1946, constatata l’affidabilità delle soluzioni adottate attraverso il collaudo dei sei primi prototipi, i tecnici Piaggio – capeggiati da d’Ascanio – impostarono il progetto definitivo da riprodurre in serie.

La mancanza di presse adeguate, tuttavia, non consentiva di provvedere allo stampaggio della scocca in stabilimento, costringendo Piaggio ad affidarsi a ditte esterne.

In attesa di trovare una soluzione, fu avviata a Pontedera la costruzione di un primo lotto di Vespa, definito “Serie Zero”: si trattava di una partita di esemplari costruiti con tecniche artigianali, con scocca ottenuta mediante ribattitura manuale.

Il lotto sarebbe dovuto essere di sole 20 unità ma, a causa del ritardo nell’individuare la ditta esterna adatta allo stampaggio, si dilatò a circa 60 esemplari.

Fu solo in seguito all’accordo con l’Alfa Romeo (aprile 1946) che giunsero in fabbrica i primi stampati, che consentirono l’inizio della produzione di serie.

Nel frattempo, il 24 marzo la Vespa aveva fatto la sua prima uscita ufficiale alla Mostra della Meccanica e della Metallurgia di Torino, dove fu addirittura possibile provarla su strada; pochi giorni dopo, il 29, fu la volta del debutto nella Capitale, al campo da golf dell’Acquasanta, alla presenza di stampa e autorità.

Il 23 aprile 1946 fu depositato presso l’Ufficio brevetti di Firenze il Modello di Utilità n° 25.546 per una Motocicletta a complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato e cofano ricoprenti tutta la parte meccanica, un primo tentativo di tutelare Vespa dalle imitazioni, di lì a breve seguito da una serie di brevetti specifici per i paesi esteri.

A dispetto di una richiesta fin da subito soddisfacente, il primo anno di vita di Vespa fu per Piaggio assai problematico a causa delle grandi difficoltà di approvvigionamento di materie prime. Ciò nonostante, fin dall’inizio dell’anno Enrico Piaggio diede disposizioni perché la fabbrica si organizzasse per produrre 5000 esemplari del nuovo veicolo. Alla fine dell’anno gli esemplari completati furono 2484.

È interessante sottolineare come, contrariamente a quanto riportato da molta bibliografia, essi non furono tutti caratterizzati dalla cilindrata di 98 cc: 137 veicoli si distinguevano infatti per l’adozione di un motore 125, montato sulle Vespa destinate all’esportazione in paesi dove – a differenza di quanto avveniva in Italia – la cubatura superiore del propulsore non comportava alcun gravame fiscale (la prima Vespa 125 sarebbe comparsa sulle strade italiane due anni più tardi, nel 1948).

Questo dimostra come Enrico Piaggio, pur oberato da problematiche relative alla produzione, inseguisse fin dal principio il sogno di vendere la Vespa in tutto il mondo: alcuni documenti comprovano infatti come già nel 1946 essa avesse toccato, oltre al vicino suolo svizzero, anche i lontani paesi oltreoceano degli Stati Uniti e del Sud America.

La Vespa fu proposta in due differenti versioni : “Lusso” e “Normale”. La seconda si distingueva dalla prima per il manubrio verniciato e non cromato, per i listelli d’appoggio alla pedana in profilato Dural privo di guarnizione in gomma e per la sella in pegamoide invece che in pelle.

Al momento del lancio sul mercato le due differenti versioni furono rispettivamente proposte al costo di 61000 e 55000 lire (imballaggio e IGE esclusa).

A fine 1946 fu sospesa la produzione del tipo “Normale”: Piaggio constatò infatti che non serviva una versione economica per incentivare le vendite.

La difficoltà risiedeva piuttosto nella produzione: il difficile reperimento delle materie prime portò infatti a un’impennata dei costi del prodotto finito, tanto da portare il prezzo della Vespa a ripetuti aumenti nel corso dei mesi successivi.

Il modello esposto al Museo Piaggio è dotato di un motore tipo 98 prodotto nell’ottobre 1946.

1948
125

Nel marzo 1948 iniziò la commercializzazione di una nuova Vespa 125, un modello fortemente rinnovato, soprattutto nell’assetto.

Nella forcella anteriore, in sostituzione delle due molle a spirale tipiche del MP6, ne fu introdotta una elicoidale, mentre posteriormente la soluzione con tampone in gomma fu sostituita da un sistema composto da molla e ammortizzatore idraulico, in grado di garantire l’escursione idonea anche ai percorsi più accidentati.

Per una migliore equilibratura della macchina la forcella a sbalzo fu deviata sul lato destro.

La potenza del motore, la stessa già disponibile nella precedente “125 rigida”, pari a 4 Cv, consentiva al veicolo di toccare i 70 Km/h e di superare in prima marcia pendenze pari al 22%.

La trasmissione del cambio, per evitare che il passeggero ne ostacolasse il libero movimento, fu modificata passando parzialmente all’interno del telaio. Fu introdotto inoltre un cavalletto a stampella laterale e la riserva al serbatoio.

L’esemplare esposto al Museo Piaggio appartiene al secondo anno di produzione, ed è uscito dallo stabilimento nel luglio 1949.

Rispetto all’anno precedente, la produzione 1949 presentava ulteriori modifiche: un nuovo antifurto a chiave ad azione interna al telaio, progettato da d’Ascanio per contrastare i frequenti furti (dal telaio V1T 16800); un più stabile cavalletto centrale (dal telaio V1T 16500); una più lucente e moderna vernice sintetica, che avrebbe portato la fabbrica, a partire dal mese di gennaio, a utilizzare la vernice nitro solo per il mozzo anteriore e per i cerchi ruota. Si tratta di scelte mirate, già impiegate in campo automobilistico dalla Fiat, con cui spesso Piaggio ebbe modo di confrontarsi.

La nuova 125 presentava inoltre un miglior circuito di raffreddamento attraverso l’utilizzo di cilindro e testa ad alette parallele, soluzione che garantiva una maggiore dispersione del calore (dal marzo 1949, con il motore prefisso V11M); e una trasmissione del cambio a sistema “Teleflex”, che permise di abbandonare, su buona parte del tratto della trasmissione, il caratteristico sistema “a bacchetta” (dal mese di aprile, con il prefisso V11T).

Grazie a questa soluzione la fabbrica ebbe modo di risparmiare, rispetto alla soluzione ad “aste”, due ore di lavorazione e 730 lire di materiale.

Buona parte dei lamierati del gruppo scocca-telaio, pur sviluppati progettualmente in Piaggio, per tutto il 1949 e la prima parte dell’anno successivo furono ancora stampati dall’Alfa Romeo, dalla Meroni di Milano e dalla Pignone di Firenze.

1950
125 Mod. 51

Il modello 1951, disponibile a partire dal dicembre 1950, segnò un salto tecnico decisivo.

La modifica più evidente riguardava l’adozione della trasmissione a cavi Bowden, che garantiva un innesto più preciso delle marce, eliminando al contempo le vibrazioni provocate dalle aste presenti nei modelli precedenti.

Il manubrio fissato a un nuovo attacco alloggiava inoltre su dei silent block capaci di assorbire le vibrazioni trasmesse dal motore.

Sulla forcella anteriore fu introdotto un ammortizzatore idraulico, in grado di assicurare maggiore stabilità e comfort di marcia.

L’azione dell’ammortizzatore, sperimentato già da un anno sulle Vespa Sport, non si limitava, infatti, a eliminare il colpo di ritorno della molla e il conseguente scuotimento del manubrio, ma riduceva anche le oscillazioni complessive della macchina.

La marmitta fu invece sistemata all’interno della scocca comportando un sensibile miglioramento estetico delle linee della Vespa, che diventò più armoniosa e piacevole. Oltre a ciò venne applicato un decantatore al serbatoio, in grado di assicurare una maggiore pulizia del carburante, e il rubinetto fu reso più affidabile tramite un nuovo sistema a rotazione.

Infine, per la gioia dei passeggeri meno alti, la pedana fu allungata posteriormente di una decina di centimetri, in modo da offrire un appoggio più comodo.

Nel nuovo veicolo i lamierati del gruppo scocca-telaio sfruttavano ormai quasi totalmente stampi di produzione americana, con la sola eccezione di copristerzo, serbatoio, portafaro, portello carburatore e diaframma. Questo processo di ammodernamento fu intrapreso grazie alla collaborazione con la ditta Budd di Philadelphia, iniziato l’anno precedente (con la Vespa prefisso telaio V13T).

La soluzione proposta all’epoca dalla ditta d’oltreoceano prevedeva la conformazione del telaio in due pezzi (giuntati a livello della ralla inferiore dello sterzo) e delle giunture dei fianchi della scocca in corrispondenza delle zone coperte rispettivamente dalla sacca attrezzi e dal cofano motore.

Queste modifiche, unite allo stampaggio ormai eseguito totalmente in Piaggio mediante le potenti presse acquistate grazie ai fondi stanziati dal Piano Marshall, permisero di abbattere i costi di produzione e di portare il prezzo di vendita della Vespa da 168.000 a 150.000 lire, comportando un ulteriore incremento delle vendite.

La campagna di propaganda condotta dalla Piaggio raggiunse nel periodo di uscita di questo veicolo l’apice della sua forza espressiva: oltre ai consueti depliant e manifesti pubblicitari, la Vespa scandiva i mesi con le pin-up dei calendari illustrati dall’artista Franco Mosca, veniva messa in palio nei premi a sorteggio e “spedita” su una moltitudine di cartoline.

Non è tutto però: la Vespa consacrò proprio con questo modello la sua fama con la presenza nel film “Vacanze Romane” diretto da William Wyler (1953). A fianco di Gregory Peck e Audrey Hepburn, nella pellicola una coprotagonista di eccellenza : la regina di Pontedera.

1952
125 U

Nell’estate 1952 Piaggio decise di mettere in produzione un modello di Vespa economico.

Lo studio, in principio classificato come Vespa “E” (“Economica”), avrebbe dato luogo al completamento del primo prototipo nel mese d’agosto.

Per abbattere il costo di costruzione furono previste diverse modifiche, in realtà non sufficienti a coprire interamente il ribasso di prezzo stabilito di 130.000 lire, 20.000 lire in meno rispetto al modello coevo – uno sconto in realtà rivelatosi eccessivo, considerato che il risparmio di costruzione toccava a malapena le 8.000 lire a pezzo.

La Vespa “U” non fu il primo modello utilitario costruito da Piaggio: già nel 1946 esisteva infatti in listino la Vespa “Normale”, venduta a un prezzo ribassato del 10%; dal 1951, inoltre, Piaggio costruì un ulteriore modello economico, destinato al mercato americano (Vespa Allstate), di cui la nuova “U” (Utilitaria) ereditò la tinta e il faro applicato sul manubrio.

Per abbattere i costi furono adottate diverse scelte: abolizione delle cromature; eliminazione di tre listelli pedana e profili in gomma; abolizione dell’ammortizzatore anteriore; abolizione del sistema antifurto; semplificazione del tappo serbatoio (che diventa con chiusura ad incastro) e del cavalletto (che perde i terminali in gomma); abolizione della protezione in gomma del pedale avviamento e del freno posteriore; riduzione dell’ingombro sella con perdita del molleggio anteriore e rimozione del parzializzatore dell’aria sul filtro carburatore.

Nel motore la termica rimaneva quella dei modelli precedenti, ma vennero adottate frizione e accensione di nuovo tipo, richiedendo di conseguenza l’adozione di carter di nuova concezione. Per un ulteriore risparmio, il parafango, la sacca attrezzi e il cofano motore furono ridimensionati e costruiti in acciaio.

Questi ultimi due particolari, nei primissimi esemplari, venivano addirittura fissati alla scocca privi di guarnizione. Il portapacchi – così come nella 98 – ritornò a essere escluso dal prezzo di listino, e considerato accessorio.

La Vespa “Ut” fu presentata il 7 dicembre 1952 all’Hotel Gallia di Milano, a una riunione estesa a tutti i concessionari d’Italia, dove fu addirittura sottoposta al rito marinaro della rottura della bottiglia di spumante. Il giorno successivo, ultima giornata del Salone del Ciclo e Motociclo, l’esemplare fu esposto presso il Padiglione della Meccanica. Fu costruita in poco più di 6.000 esemplari.

Una produzione contenuta influenzata da un mercato poco propenso ad accogliere un modello spartano che stentava a essere assorbito dai concessionari italiani, tanto da costringere l’azienda, per smaltire le scorte, a puntare maggiormente sui mercati esteri.

La “U” fu tra le Vespa del primo decennio il modello più esportato in assoluto, con una percentuale di esportazione del 31%.

Il registro di spedizione conservato presso Piaggio S.p.A, dimostra come furono quasi 1900 le “U” esportate, spedite in 27 paesi stranieri d’Europa, delle Americhe e d’ Oriente. Solo in Svezia, Venezuela ed Iran, ne furono inviate rispettivamente 349,250 e 189.

Un lotto fu fornito anche alle Poste di Teheran, mentre un altro lotto addirittura alla Polizia di San Cristobal in Venezuela.

Un grosso quantitativo rimase a magazzino in fabbrica fino al settembre del 1955 e le ultime due furono addirittura esportate il 28 dicembre 1961 in Portogallo.

Poco apprezzata ieri, rimane oggi per la sua rarità un modello particolarmente ricercato dai collezionisti.

1953
125 Mod. 53

La Vespa mod. 53 si distingueva in modo lampante dalla produzione precedente per la vernice grigio pastello, una tinta simile a quella già utilizzata in fabbrica nei primi esemplari del 1946.

Per garantire una miglior visibilità, nel nuovo modello il faro fu maggiorato a 105 mm, mentre il cofano motore assunse uno sviluppo esteso e continuo, interrotto solo dalla persiana di presa d’aria.

Per un miglioramento estetico parte dei comandi passarono all’interno del manubrio e, per una maggior autonomia, il serbatoio fu reso più capiente.

La modifica che sfugge invece a colpo d’occhio, e che in realtà rappresenta l’innovazione più sostanziale, riguarda il motore, che diventò in questo modello – per la prima volta nella produzione in larga scala – a lavaggio a luci incrociate.

Un motore battezzato dai tecnici Piaggio M1, sigla che avrebbe identificato in seguito il prefisso del motore e del telaio (VM1) del modello nascente.

Nato per coincidenze fortuite, la sua sperimentazione, che risaliva a due anni prima, iniziò infatti quando il Reparto Sperimentale, cercando di sviluppare un motore più performante per la Vespa Sport, realizzò il prototipo di un cilindro a due travasi con luci incrociate ma disassate, dando origine a un propulsore che nelle prove si dimostrò capace di incrementare la potenza di un solo cv (quindi inadatto alla Sport), ma che evidenziò subito un certo abbattimento dei consumi, aspetto fondamentale per una macchina di serie.

Il motore, definito anche tipo “quadro” per l’adozione di corsa e alesaggio uguali (pari a 54 mm), era anche dotato di un albero con spalle a volano in grado di ridurre il volume del carter pompa e di migliorare quindi il rendimento volumetrico.

La frizione fu irrobustita mediante l’introduzione di un doppio disco e fu anche migliorato il circuito di raffreddamento per garantire una tenuta del motore anche nelle peggiori condizioni di marcia.

Il 1953 fu un anno importante per la Piaggio: nel mese di ottobre fu infatti festeggiata la costruzione della cinquecentomillesima Vespa, un traguardo festeggiato in Stabilimento alla presenza di autorità e delegazioni straniere, provenienti da mezzo mondo.

L’esemplare esposto al Museo Piaggio è uno dei veicoli sperimentali costruiti nell’estate del 1952 ampiamente testati dai collaudatori sulle strade d’Italia prima della messa in serie definitiva del modello, avviata nel mese di novembre.

 
 
1955
150 Sidecar (VL2T)

I primi carrozzini per Vespa furono immessi nel mercato dalle ditte che già prima della guerra erano specializzate nella costruzione di sidecar: SMIT, CIMT, Longhi, Meldi e Tittarelli, che sulla scia del successo di Vespa non indugiarono a lanciarsi nel nascente mercato per dare origine a quello che le testate del settore avrebbero definito “l’avanzata dei microsidecar”.

Piaggio presentò alla stampa il proprio Sidecar nel dicembre 1948: pur uscito in ritardo rispetto alle soluzioni proposte dagli specialisti, esso sposava tuttavia maggiormente le linee del famoso scooter, in ragione del fatto che a progettarlo fu lo stesso Corradino d’Ascanio.

Le linee tondeggianti, non troppo pronunciate, prive di qualsiasi contaminazione estetica proveniente da altri dettami stilistici, donavano al veicolo un’armonia complessiva superiore a quella raggiunta dagli altri sidecar.

D’Ascanio, inoltre, non rinunciò a introdurre anche in questo progetto un tocco della sua creatività, con un sistema di fissaggio del carrozzino a braccio unico, una soluzione mai impiegata prima da nessun altro costruttore nel panorama mondiale e che contribuiva a consegnare ulteriore eleganza al veicolo.

Il molleggio della scocca era affidato a due molle coniche; un ulteriore comfort per il passeggero era poi garantito da un soffice cuscino su molle. Dietro allo schienale ribaltabile, nella coda del carrozzino, si apriva uno spazio con funzione di porta bagagli, mentre sul parafango un elegante fanalino biluce garantiva visibilità nella guida notturna.

Il montaggio del carrozzino poteva avvenire direttamente in fabbrica o, come a più spesso accadeva, presso il concessionario.

A tale scopo il reparto attrezzeria costruì una maschera per la tracciatura dei fori sulla pedana della Vespa (necessari al fissaggio del carrozzino) da inviare alle concessionarie.

Per le Vespa destinate a trascinare il carrozzino permanentemente il reparto sperimentale studiò anche dei rapporti del cambio specifici, che prevedevano l’adozione di una seconda e terza marcia leggermente ridotte, tali da garantire una resa ottimale del motore anche con tre persone a bordo.

Nei primi due anni furono complessivamente costruiti 600 carrozzini e nel dicembre 1950 fece la comparsa la seconda versione.

Si trattava di una nuova tipologia, come l’esemplare abbinato alla Vespa 150 VL2 visibile al Museo Piaggio, che si distingueva per le finiture superiori.

Questa versione, impreziosita da un paraurti posteriore, da una copertura della molla e da un profilo di abbellimento sul frontale, viene oggi spesso definita anche tipo “lusso”

1955
GS Pre-serie (VS1T)

La 150 GS è la prima Vespa con caratteristiche sportive a essere prodotta in grande serie, frutto delle esperienze maturate nelle competizioni dalla squadra corse Piaggio.

Il motore, caratterizzato da alcune soluzioni tecniche sperimentate sulla Vespa Sei Giorni, ha l’immissione diretta nel cilindro ed è capace di 8 CV a 7.500 giri.

Il cambio a quattro marce, la sella allungata e le grandi ruote da 10 pollici modificano sostanzialmente la linea di Vespa, che si scopre veicolo grintoso e capace di prestazioni “mozzafiato”.

Si tratta dunque di una pietra miliare nella storia degli scooter: le sue caratteristiche tecniche ed estetiche la rendono infatti così affascinante da farla definire lo scooter più bello mai prodotto al mondo.

Per queste ragioni essa è ancora oggi una delle più ricercate e amate dai collezionisti.

1956
150 “Struzzo” (VL3T)

Alla fine del 1954, oltre al modello 125 e 150 GS , fu introdotta in serie anche un’altra versione con cilindrata 150 cc, che pur adottando la stessa cubatura della GS aveva però una vocazione meno sportiva.

In quel periodo, quindi, per la prima volta Piaggio metteva in listino la Vespa in tre diverse versioni, con prezzi variabili dalle 128.000 lire per la 125, 148.000 per la 150 e 178.000 per la GS.

La nuova Vespa 150 (prefisso telaio VL), prevedeva un nuovo faro in pressofusione che incorporava il contachilometri e la ruota di scorta (prevista sempre come accessorio) posizionata trasversalmente dietro lo scudo. La novità più importante a livello tecnico riguardava però il motore, che in fase di definizione fu oggetto di particolari attenzioni.

Nella nuova 150 in principio era stato preso in esame il motore tipo “rettangolare” (58,5 x 54 mm) già impiegato nell’Ape, ma fu poi scartato a causa del minimo piuttosto irregolare, difetto poco percepibile nel motocarro ma inaccettabile per un veicolo come la Vespa.

Per questo motivo fu deciso di introdurre in serie il motore “quadro” (57 x 57 mm), che consentiva di raggiungere la stessa cilindrata con un minor alesaggio.

In funzione di questa scelta i carichi sulle portate del pistone, sullo spinotto, sulla testa di biella e sui cuscinetti di banco sarebbero diminuiti. La conseguenza fu una miglior carburazione e una leggera riduzione dei consumi.
Per evitare poi lo scampanellio del motore a freddo, il pistone fu inferiormente allungato di 3 mm e provvisto alla base di ponticelli, in modo da ridurre la possibile deformazione del manto.

Di conseguenza, per guidare completamente il pistone, anche il cilindro fu allungato nella parte inferiore in modo da guidare completamente il pistone, e la canna fu aumentata di spessore e provvista anch’essa di ponticelli alla base: era nato il motore adatto alla Vespa 150 VL.

L’esemplare esposto al Museo Piaggio appartiene alla terza serie (VL3), una versione che rispetto alle precedenti si distingueva per la sella con sospensione posteriore a molla unica, per la diversa forma del faro e per l’adozione di un nuovo contachilometri a fondo scala chiaro.

Il 28 aprile 1956, nel vivo della costruzione di questo modello a Pontedera veniva festeggiata la milionesima Vespa costruita, un traguardo frutto di un successo irripetibile.

1957
150 T.A.P.

Negli anni Cinquanta, il Ministero della Difesa Francese commissionò alla licenziataria Piaggio in Francia (A.C.M.A.) la costruzione della prima Vespa utilizzata per scopi militari, prodotta in 600 esemplari dal 1956 al 1959 in due colorazioni mimetiche, verde e sabbia.

Sono i tempi della guerra in Indocina e si pensa di utilizzare come veicolo tattico leggero la Vespa, ormai conosciuta anche in Francia come mezzo agile e robusto.

In dotazione alla Legione Straniera e al corpo dei Paracadutisti, la Vespa T.A.P. poteva essere paracadutata ed era dotata di 1 cannone (senza rinculo da 75 mm, prodotto in U.S.A. e utilizzato da tutte le truppe del Patto Atlantico), 6 munizioni, 2 taniche per il carburante ed un piccolo carrello.

Nonostante il peso di 115 kg, si tratta di una Vespa comunque maneggevole, che poteva raggiungere la velocità di 66 km/h con un’autonomia di circa 200 km.

Il motore è un 150 e ha le stesse caratteristiche della Vespa VL3, con il telaio rinforzato da un tubo che, circondando lo scudo anteriore, crea un anello circolare nella parte posteriore, fungendo così da paraurto ma anche da supporto ai porta munizioni laterali. Il manubrio, verniciato, ha un fanale di grandi dimensioni e registrabile, protetto da una griglia parasassi, con l’interruttore dei fari anch’esso protetto nella parte superiore.

 
1957
150 (VB1T)

Rispetto alla serie precedente la modifica più importante a livello estetico risiede nel manubrio, che ora è carenato, realizzato in corpo unico in pressofusione, con i cavi passanti all’interno.

il contachilometri è di serie, il fanale presenta una ghiera cromata, la sella è di colore blu scuro e la scritta “Vespa” sullo scudo è cromata.

Con il nuovo manubrio questo modello acquista una personalità più elegante e gradevole rendendo, altresì, la linea è più slanciata, un particolare che il pubblico dimostra di gradire ampiamente.

1957
150 GS II Serie (VS3T)

La seconda serie della Vespa GS si distingue per il passaggio dei cavi, che è interno al manubrio. il contachilometri è bianco.

La chiave di contatto è piatta. La sella ha una nuova conformazione più arrotondata.

Lo scudo presenta due bordi in acciaio inox.

Lo scarico è fissato al cilindro tramite una ghiera in alluminio anziché una fascetta. Il serbatoio carburante presenta un tappo con chiusura a galletto.

La versione VS3T è dotata di una batteria piatta che può essere collocata all’interno della sacca porta attrezzi.

1957
400

Nel momento di enorme successo della Vespa, Piaggio decide di entrare nel mondo delle quattro ruote, con l’obiettivo di produrre un mezzo economico, a larga diffusione.

D’Ascanio realizza un motore bicilindrico a due tempi, montato su una carrozzeria dal design pulito ed essenziale.

Queste caratteristiche rendono la Vespa 400 un’antesignana delle utilitarie degli anni Sessanta: la piccola vettura della Piaggio, infatti, debutta nella primavera del 1957, solo quattro mesi prima del lancio della nuova 500 FIAT.

Viene prodotta in circa trentamila esemplari, negli stabilimenti francesi della ACMA, a Fourchambault, e in Italia ne arrivano solo un centinaio.

Così Corradino d’Ascanio spiega le ragioni che hanno portato l’azienda, nel 1961, ad interromperne la produzione:

[…]Il Dott. Piaggio con la considerazione che gli eventuali concorrenti delle due ruote servivano di efficace reclame per la Vespa, mentre per le quattro ruote avrebbe avuto la concorrenza di tutto il mondo, ritenne opportuno smettere la produzione delle auto per intensificare quella delle Vespe e derivati.

(Corradino d’Ascanio, Appunti sulla mia attività tecnica dal 1928, Archivio Storico Piaggio)

1958
125 “Dolce Vita” (VNA2T)

Prodotta in due diversi colori, grigio e beige, la Vespa 125 del 1958 è la prima Vespa con carrozzeria realizzata tramite la congiunzione di due semigusci di lamiera, un accorgimento tecnico che presenta notevoli vantaggi sul piano della produzione industriale e che, da quel momento in poi, verrà adottato su tutti i modelli successivi.

Un’altra novità è rappresentata dai comandi nascosti all’interno del manubrio, anch’esso composto da due semigusci di lamiera stampata: una soluzione più elegante fino ad allora riservata solo ai modelli 150 cc, il cui manubrio era però realizzato in pressofusione.

Anche il motore ha un nuovo disegno, più compatto, con traversa incorporata nel carter. È l’ultima Vespa alimentata con miscela al 5%.

Nel 1960 sarà protagonista degli inseguimenti dei “paparazzi” nel capolavoro di Federico Fellini La dolce vita, pellicola vincitrice del Premio della Giuria di Cannes.

1959
150 (VBA1T)

Prima della 125, la 150 modifica la meccanica, passando alla distribuzione rotante. questo consente di utilizzare la miscela benzina-olio al 2%.

Il carburatore è alloggiato sul carter anziché sul cilindro come sulla prima serie della 150 GS.

La luce di ammissione ricavata sul carter è regolato a ogni rotazione dall’apertura e dalla chiusura del contrappeso sinistro dell’albero motore.

I vantaggi che ne derivano sono apprezzati dagli utenti: migliore fluidità nell’erogazione della potenza, minori depositi carboniosi e costi di esercizio più contenuti.

1959
GS (VS5T)

La terza serie della GS si riconosce per la nuova forma del cerchione, che mette in vista l’estesa alettatura dei freni a tamburo.

I prigionieri di fissaggio sono 5 anziché 4.

Il contachilometri incorporato nel manubrio ha un nuovo design con scala fino a 120 Km/h.

Il fregio sulla parte superiore del parafango è più sottile e profilato. Il parafango anteriore ha un bordino di rinforzo.

Nella prima versione il fanalino posteriore rimane identico a quelli delle serie precedenti, poi ne viene montato in altro un altro di maggiori dimensioni e con il corpo cromato.

Lo scudetto sul frontale è in plastica anziché in metallo. Gli ultimi esemplari hanno la punzonatura del telaio posizionata sotto la sacca porta attrezzi posta sul lato posteriore sinistro.

1963
50 N (V5A1T)

Verso la metà degli anni Sessanta in Italia si registra un brusco calo nelle vendite dei motoveicoli.

Per la Piaggio, i danni vengono limitati dal successo immediato della nuova Vespa 50, soprattutto presso i giovanissimi.

La cilindrata e la potenza di soli 1.5 cv le aprono infatti il mercato dei quattordicenni, che possono guidarla senza targa e senza patente.

Prodotta in colori vivaci, la Vespa 50 è accompagnata da una campagna pubblicitaria rivolta ai giovani, con lo slogan Giovane, moderna e… senza documenti.

Testimonial d’eccellenza è l’idolo dei teenagers, Gianni Morandi, protagonista del carosello del 1966.

La scocca più piccola e il peso ridotto la rendono gradita anche al pubblico femminile, che desidera emancipazione e libertà.

È caratterizzata dai cofani laterali integrati nella scocca anziché riportati all’esterno, dal cambio a tre marce e dal fanale rotondo.

Il contachilometri è fornito come accessorio e viene montato al centro del manubrio in una sede protetta da un tappo di gomma.

Si tratta dell’ultimo progetto di scooter firmato da Corradino d’Ascanio ed è una pietra miliare nella storia di Vespa e del suo successo tra i giovanissimi.

Fin dal suo esordio, infatti, “il Vespino” (come fu ribattezzato in virtù delle sue ridotte dimensioni) incontrò il favore del pubblico, come testimoniano i numeri altissimi di prenotazioni presso le concessionarie Piaggio.

1963
90 (V9A1T)

La Vespa 90 fu presentata nel 1963 insieme alla Vespa 50, della quale mantiene la maggior parte dei componenti e delle caratteristiche: i particolari che la distinguono sono le ruote di maggiori dimensioni e un impianto elettrico più potente.

Lo scudo presenta un bordo in alluminio,  e la scritta Vespa è di colore blu scuro, così come la sella. Venduta in un’unica colorazione (celeste), fu prodotta in soli 24.000 esemplari.

Il veicolo, che in ragione della sua cilindrata era targato, fu molto apprezzato per il basso costo di acquisto, i consumi ridotti, la linea affilata e snella, e per le prestazioni adatte a trasportare anche un secondo passeggero.

1964
180 Super Sport (VSC1T)

Piaggio propone sul mercato la Vespa 180 Super Sport che, con una velocità massima di 105 km/h, la qualifica come uno degli scooter più veloci dell’epoca.

La linea è più squadrata e moderna, arricchita da alcuni particolari della GL (come il faro trapezoidale).

Con la 180 SS viene utilizzata per l’ultima volta l’aspirazione controllata dal pistone, che nel modello successivo – la 180 Rally – passerà al sistema con valvola rotante.

1966
125 GT (VNL2T)

La Vespa 125 Granturismo, il cui telaio è identico a quello del modello 150 Sprint, è molto simile anche alla 125 Super, da cui si distingue essenzialmente per le ruote, che sono da 10”.

Le prestazioni sono leggermente superiori grazie a un rapporto di compressione più elevato. il faro è a trapezio.

La carrozzeria è sempre più moderna (anche grazie al nuovo faro) e le ruote sono di maggior diametro: caratteristiche particolarmente gradite al pubblico di sedicenni ai quali è rivolta.

1966
90 SS Super Sprint (V9SS1T)

La Vespa 90 SS rappresenta la Vespa sportiva per eccellenza degli anni ’60.

Piccolissima, compatta e dalle prestazioni elevate, dal punto di vista estetico è caratterizzata dalla posizione della ruota di scorta, posta in verticale al centro della pedana e sormontata da un finto serbatoio (in realtà un porta-oggetti) con tanto di poggiapetto come nelle motociclette da competizione.

La 90 SS, d’altra parte, partecipa in quegli anni a un certo numero di gare sportive, dal Giro d’Italia alla velocità in circuito sulle piste di Imola e Vallelunga; particolarmente elevate le prestazioni nei percorsi a gimkana, dove primeggia grazie all’estrema maneggevolezza.

Prodotta in poco più di 5000 esemplari dal 1965 al 1971, il suo indiscutibile fascino la rende ancora oggi uno dei modelli più ricercati dai collezionisti.

1967
125 Primavera (VMA2T)

La 125 Primavera, fin dalla sua comparsa sul mercato, ottiene un grandissimo successo, soprattutto tra i giovani, che ne fanno un vero e proprio oggetto del desiderio.

È infatti perfetto per i ragazzi, che ne apprezzano la grande maneggevolezza e lo scatto in partenza, mentre le ragazze gradiscono in modo particolare le dimensioni contenute e l’eleganza della linea.

Rispetto alla Nuova 125, da cui deriva, si riconosce per il gancio davanti alla sella ma soprattutto per il propulsore più potente, che consente un incremento di 10Km/h e un’accelerazione assai brillante.

La buona riuscita del modello è testimoniata dalla sua lunga permanenza in listino (15 anni!).

1968
180 Rally (VSD1T)

Subentrata al modello SS, la Vespa 180 Rally risulta molto migliorata nel motore e nella carrozzeria.

Dal punto di vista estetico è dotata di un faro tondo di grandi dimensioni e di una sella allungata più comoda. Il bauletto posto dietro lo scudo è di nuovo disegno.

I cofani laterali hanno una linea moderna, priva di modanature e completata dalle guarnizioni nere alla giunzione con la scocca.

Nere anche le manopole al manubrio.

I primi modelli hanno il fanalino posteriore cromato, che in seguito diventa squadrato e con coperchio nero. Fu prodotta tra il 1968 e il 1973 in oltre 26.000 esemplari.

1969
50 N (V5A1T)

Questo nuovo modello di 50N, pur rispettando in tutto le caratteristiche del modello lanciato nel 1963, presenta alcuni piccoli particolari differenti (a parte le nuove colorazioni): sullo scudo compare il nuovo logo esagonale Piaggio (introdotto nel 1967) e il logo Vespa è di colore nero.

Dal 1967, inoltre, la Vespa 50 N viene prodotta con il telaio allungato.

1970
50 Pedali (V5A1T)

La Vespa 50, per essere commercializzata in Francia, subì una particolare trasformazione. Per adeguarsi alle normative di omologazioni francesi, infatti, Piaggio dovette prevedere il montaggio di pedali.

Questo particolare elemento, che attrae la curiosità del pubblico, rende questo modello uno dei più ricercati dagli appassionati dello scooter più famoso del mondo.

1972
50 R (V5A1T)

La versione “R” della Vespa 50 rappresenta il modello più economico della serie, riconoscibile dalle altre per le ruote da 9” e per il copristerzo verniciato in tinta con la carrozzeria.

Il cambio è a tre velocità.

Questa 50 è particolarmente apprezzata dal pubblico dei quattordicenni, perché sembra soddisfare a pieno il diffuso desiderio di libertà, anche grazie all’eccellente rapporto qualità-prezzo.

1973
50 Special Elestart (V5A3T)

Commercializzata a partire dal 1969, la Vespa 50 Special fu proposta alla nuova generazione con modifiche estetiche nelle parti del manubrio, del proiettore, del fanale posteriore, adottando stacchi di colore che danno al modello un aspetto “piacevolmente moderno”.

Tra 1969 e 1973 ad accompagnare il successo della 50 Special è la fortunata campagna “Chi Vespa mangia le mele”.

Nel 1969 viene lanciata anche questo modello di Vespa 50 Elestart, che ha lo stesso design della Special ma con una soluzione tecnica innovativa: l’accensione elettrica.

Dal 1969 al 1973 la comunicazione Piaggio è segnata da una delle sue campagne pubblicitarie più note – “Chi Vespa mangia le mele”, ideata da Gilberto Filippetti – che accompagnerà il grande (e duraturo) successo della Vespa 50 special.

1976
Mercato Estero
125 ET3 (VMB1T)

Voluta espressamente per il mercato estero, la Vespa 125 ET3 ha le stesse caratteristiche del modello ET3 prodotto per l’Italia, ad eccezione di alcuni particolari come la sella, il coperchio della ventola di raffreddamento e la gamma dei colori.

Particolarmente apprezzata in Giappone, dove è rimasta in vendita fino alla metà degli anni ’90.

1976
125 ET3 Primavera (VMB1T)

Si tratta di una versione sportiva della Vespa 125 Primavera. La sigla ET3 indica l’accensione elettronica e il motore dotato di un cilindro con il terzo travaso.

Grazie a un propulsore di maggiore potenza e alla nuova marmitta, le prestazioni risultano più elevate.

Le dimensioni ridotte, simili a quelle della Vespa 50, favoriscono un’elevata manovrabilità, che la rende uno dei modelli più desiderati dai giovani negli anni Settanta.

L’estetica richiama in alcuni particolari (i fregi sul parafango anteriore e sui cofani laterali) lo stile della 200 Rally.

I primi esemplari montavano una sella in plastica color blue jeans.

1976
200 Rally (VSD1T)

Dopo il grande successo ottenuto dalla Vespa 180, Piaggio nel 1972 presenta una nuova ammiraglia per la prima volta nella cilindrata di 200cc.

Nello stesso anno esce la campagna “Le Sardomobili” dove la protagonista è la Vespa Rally 200 con lo slogan “due ruote potenti, scattanti, due ruote con riflessi pronti, due ruote “rally” spinte dal nuovo motore 12 cavalli che crescono fino a 5700 giri, due ruote poderose che sfrecciano in piena sicurezza sul filo dei 110 all’ora”.

Esteticamente la Vespa Rally 200 risulta subito riconoscibile dalle strisce adesive poste sulle sacche e sul parafango.

E’ presente lateralmente la scritta “electronic”, a significare che il potente motore è dotato di accensione elettronica, una soluzione tecnologica adottata per la prima volta da Piaggio su questo modello.

Fu prodotta dal 1972 al 1979 in oltre 41.700 esemplari.

1978
P125X

La Vespa venne presentata come nuovo modello allo Show di Milano del 1977.

La PX divenne molto popolare tra i giovani.

Le linee squadrate e un telaio più grande la rendevano estremamente riconoscibile.

Sulla barra del manubrio era presente un tachimetro completamente ridisegnato e il modello fu estremamente innovativo anche grazie alle nuove sospensioni anteriori e all’ammortizzatore telescopico.

 
1985
125 PK S Automatica Elestart (VVM1T)

Rispetto ai precedenti modelli, la PK si distingue per la nuova scocca, caratterizzata da linee decisamene più spigolose, ma anche dalla maggiore comodità di guida.

La versione S Automatica è uno dei progetti più innovativi del periodo, prima Vespa in assoluto con cambio automatico.

Rispetto alla PK con cambio manuale la grande differenza risiede nel propulsore, completamente nuovo, ma anche visivamente si può notare una conformazione diversa, che traspare al di sotto del fianchetto destro.

1985
Mercato Estero
50 S (V5SA1T)

Per soddisfare le richieste di alcuni paesi, Piaggio progetta un modello di 50 cc più veloce rispetto a quello per il mercato interno (60 Km/h contro i 40 della Special e degli altri modelli 50 per l’Italia).

Il motore eroga una potenza superiore pur avendo le stesse misure di alesaggio e corsa.

Per queste ragioni, in Italia, la guida della Vespa 50 S prevedeva l’obbligo della targa.

1985
125 PK ETS (VMS1T)

La ETS rappresenta una versione sportiva della serie 125 PK, come la ET3 lo era stata della Primavera.

Esteticamente è riconoscibile per il nuovo manubrio più compatto, la sella con un accenno di codino e la scritta serigrafata, i fregi neri e argento sul parafango anteriore e sui gusci.

Il copriventola è nero, il bauletto portaoggetti dietro lo scudo è arrotondato e di maggiori dimensioni, la marmitta è allungata.

Inoltre, la mascherina copristerzo è più sottile ed appuntita, il che richiede lo spostamento del clacson a lato, nello scudo.

Per quanto riguarda la meccanica, l’albero motore è irrobustito, la luce di ammissione ampliata; migliorati anche il condotto di aspirazione e il carburatore.

Nella nuova ciclistica va segnalata la frenata migliorata grazie alle nuove camme flottanti e il dispositivo antiaffondamento della sospensione anteriore.

1985
125 PX T5 (VNX5T)

n nuovo nome ed un’estetica rinnovata caratterizzano la Vespa 125  T5 “Pole Position” uscita nel 1985.

Le linee aggressive, lo spoiler, il cupolino ed il contagiri digitale ne esaltano il carattere sportivo. A questo modello la Piaggio affida il difficile compito di rivaleggiare con la rombante ed agguerrita concorrenza giapponese.

La  T5 viene dotata di un nuovo motore a cinque travasi che garantisce prestazioni mai raggiunte da ogni altro modello di  Vespa di cilindrata analoga.

Il suo legame con il mondo della velocità è suggellato, oltre che dal nome, dalla scelta del pilota di Formula Uno Nelson Piquet come testimonial d’eccezione.

1988
COSA 200 (VSR1T)

Alla fine degli anni ’80 Piaggio decide di rendere più moderna la linea PX, dotandola di forme più spigolose.

Al progetto viene inizialmente dato il nome di Vespa R (“Rinnovata”), ma al momento della produzione il veicolo verrà battezzato “Cosa, per segnare una soluzione di continuità con i modelli procedenti.

Questo, purtroppo, rende il destino della Cosa breve e di poco successo, nonostante le interessanti modifiche introdotte dal progetto. Il popolo dei vespisti, infatti, accetta malvolentieri il cambio di passo.

La versione 200 è meccanicamente pregevole: la tenuta di strada è migliorata, la frenata è integrale e le prestazioni sono le più elevate tra quelle registrate dagli scooter allora sul mercato.

1991
Special Revival (V5R1T)

Replicata all’inizio degli anni Novanta per rispondere alle tante richieste di appassionati di ieri e di oggi, la 50 Special è stata la Vespa più amata dai giovani degli anni Sessanta.

Apprezzato in tutto il mondo, il modello Special torna nel 1991 in edizione limitata (3000 esemplari) “per fare nuove conoscenze, con chi negli anni ’60 non era ancora nato o era distratto”, proponendosi come un prodotto mitico del nostro tempo e trovando una prestigiosa collocazione nelle esposizioni del Museo di Arte Moderna di New York .

Il modello qui conservato (la n. 0001) è stato gentilmente donato nel novembre 2004 al Museo Piaggio da Christa Solbach, allora Presidente della Federazione Internazionale dei Vespa Clubs, a cui era stata donata con cerimonia ufficiale da donna Paola Piaggio nel 1991.

1995
50 PK Hp

La Vespa 50 HP è stata prodotta dal 1991 al 1999. A differenza delle Vespa 50 del passato montava numerosi pezzi in plastica, come il parafango, il bordino sotto-sella e la calandra posteriore.

Montava di serie il gruppo termico in alluminio oltre che un carburatore leggermente maggiorato (da 16:10 a 16:12, come altre versioni PK).

Era dotata anche di un motorino di avviamento, già introdotto con i modelli N e FL2 negli anni precedenti e aveva 4 CV (cavalli) alla ruota. Di serie era anche l’albero motore anticipato e il volano più leggero mai prodotto, che pesava solo 1,35 kg.

Fu la Vespa dei giovani degli anni ’90; segnò però la fine della produzione delle Vespa 50 con cambio manuale in quanto non poté adeguarsi alle normative anti-inquinamento Euro 1.

Nel 1999 fu sostituita dalla Vespa ET2, modello completamente nuovo dotato di cambio a variatore continuo e motore di concezione moderna.

2006
250 GT 60° N.000

Limited Edition prodotta solo in 999 esemplari in occasione dei festeggiamenti per i 60 anni di Vespa.

Si tratta di una versione “vintage” di massima raffinatezza. L’estetica celebra con un tributo i primi modelli Vespa, caratterizzati dal fanale anteriore posizionato sul parafango.

Retrò anche il manubrio che si ispira alla struttura tubolare del periodo. La strumentazione si presenta con una sagoma circolare ed ha una grafica perfettamente intonata al passato.

La sella, di colore nero, è divisa in due porzioni, riservate come negli anni ’50 al guidatore e al passeggero.

 
2007
125 PX Catalyzed

La versione Catalyzed della mitica PX nasce alla fine degli anni ’90 per adeguarsi alle nuove normative antinquinamento.

Dotata di un catalizzatore ossidante a due vie per per rispettare le emissioni inquinanti secondo quanto prescritto dallo standard Euro1, questo modello presenta anche alcune innovazioni di carattere estetico: una nuova conformazione della sella, le plastiche bianche degli indicatori di direzione, il copriventola in colore nero.

La seconda serie presenta inoltre nel manubrio una nuova strumentazione che incorpora il contachilometri, l’indicatore del livello di carburante e le spie. Il faro è alogeno. Sullo scudo torna lo stemma Piaggio delle origini.

La PX, continuamente aggiornata, prosegue dunque nel suo successo di pubblico.

2013
Mercato Indiano
VX 125

Sviluppata espressamente per il mercato del subcontinente indiano, Vespa VX nasce dall’evoluzione della Vespa LX, best seller del Gruppo Piaggio e tra i veicoli in assoluto più venduti sui mercati europeo e americano delle due ruote.

Vespa VX si affianca al modello di Vespa attualmente commercializzato in India, rispetto al quale vanta maggiori contenuti in termini di comfort, nuovi elementi di design e un nuovo sistema frenante dotato di freno a disco anteriore.

La nuova VX è equipaggiata dal propulsore 125cc 4 tempi a 3 valvole che il Gruppo Piaggio ha sviluppato espressamente per il mercato indiano delle due ruote: un motore particolarmente silenzioso ed “eco friendly” che presenta forte riduzione delle emissioni sia gassose sia sonore e livelli di consumo eccezionalmente bassi, in assoluto tra i migliori al mondo, offrendo percorrenze superiori a 60 km con un litro di benzina.

 
2015
946 Emporio Armani

Per il 2015 – 40° anniversario della fondazione della Giorgio Armani e 130° anno di vita del Gruppo Piaggio – Giorgio Armani firma la nuova versione di Vespa 946.

A partire dal colore, per il quale lo stilista ha pensato a una particolare palette di grigi con un appena accennato tocco di verde, visibile solo in particolari condizioni di luce.

Le parti metalliche, realizzate con trattamenti galvanici satinati, conferiscono un effetto opaco, in linea con la finitura della carrozzeria.

La scritta Emporio Armani è posta sulla fiancata, mentre l’iconico logo con l’aquila è posizionato sopra il faro anteriore.

Vespa 946 Emporio Armani è non solo sinonimo di stile, ma di tecnologia. I monoblocchi di alluminio, le finiture brown leather, gli accessori high end dedicati, la gestione elettronica a supporto della guida si uniscono all’innovativo motore quattro tempi a iniezione elettronica, ideale per la mobilità metropolitana, progettato per il massimo contenimento dei consumi e delle emissioni.

Il doppio freno a disco da 220 mm, il sistema di frenata ABS a doppio canale e le grandi ruote da 12 pollici garantiscono la massima sicurezza su strada.